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RIABILITAZIONE ORTOPEDICA

Si rivolge a persone affette da disabilità conseguenti a malattie dell’apparato osteo-articolare come scoliosi, traumi osteo articolari, malattie artroreumatiche. Tale servizio mira a ridurre la disabilità conseguente a tali patologie. L’intervento potrà essere singolo per la mobilizzazione articolare, il potenziamento muscolare, la rieducazione propriocettiva, o di gruppo per privilegiare sia l’aspetto riabilitativo che educativo preventivo come nella Back School per la lombalgia e la scoliosi.

Quando parliamo di mal di testa, facciamo riferimento a un disturbo molto comune, che si associa a diverse condizioni: può essere infatti un sintomo associato ad altre malattie, oppure rappresentare la patologia stessa. Il mal di testa è localizzato al cranio e può presentarsi con un’intensità maggiore o minore, può essere continuo o intermittente, cronico o episodico e presentarsi in contemporanea a nausea, vomito, e ipersensibilità a luci e suoni.

Il mal di testa si associa sia a patologie complesse come la malattia cerebrale, i tumori cerebrali, il glaucoma e la meningite, sia a condizioni più comuni come l’influenza o lo stress. Alcuni tipi di mal di testa sono al contempo la malattia e il sintomo con cui questa si manifesta: per esempio nel caso di emicrania, cefalea a grappolo e cefalea tensiva.

Spesso il mal di testa si associa a un problema muscolo-scheletrico delle prime vertebre cervicali del collo: la cervicalgia che affligge anche i muscoli e i nervi di tutto il tratto.

Mal di testa da cervicale: qual è la causa?

Definiamo mal di testa da cervicale una condizione correlata a una patologia della zona cervicale superiore, ovvero delle prime tre vertebre del collo. La cervicalgia può essere scatenata da vari fattori, come traumi, strappi, o contratture, ma anche da una postura scorretta e da stress psico-fisico. Le malattie che si associano al mal di testa da cervicale sono invece le artrosi, le artriti e le ernie del disco.

Il mal di testa da cervicale può spesso scatenarsi anche a seguito di bruxismo (il digrignare i denti involontario, spesso notturno) e di una malocclusione delle arcate dentali. Quando, infatti, le nostre arcate entrano in contatto in punti sbagliati, il dolore provocato può affliggere sia cranio che collo e irradiarsi dall’uno all’altro.

Rigidità e cefalea: i sintomi del mal di testa da cervicale

La cervicalgia interessa in primis la zona del collo, che risulta rigida e in tensione e spesso il paziente non riesce a effettuare una serie di movimenti con il collo e con la testa. A questa condizione è correlato un dolore che può essere anche costante e prolungato nel tempo. Se il disturbo cervicale riguarda le prime tre vertebre, come abbiamo detto, si sviluppa il mal di testa da cervicale, o cefalea cervicogenica. 

La cefalea si situa in zona occipitale e fronto-temporale, principalmente ai lati del cranio, ma può irradiarsi fino alla fronte e, in casi più rari, coinvolgere le orecchie, la lingua e la gola. Si tratta di un mal di testa di intensità moderata, con un dolore che può assumere varie connotazioni e può venire avvertito come pulsante, opprimente o persistente. Il dolore aumenta con i movimenti del collo o in caso il soggetto interessato assuma posizioni scorrette. La cefalea abitualmente insorge nel corso della mattinata e si intensifica con l’andare delle ore. Spesso si manifesta solamente da un lato della testa, ma può interessare anche tutto il cranio.

Quando la cervicalgia si situa sotto la terza vertebra cervicale, invece, il dolore non supera il livello occipitale e, dunque, non può essere associata a cefalea (per esempio un’ernia discale C5-C6 non provocherà mal di testa nel soggetto interessato).

Quali sono i fattori di rischio?

Ci sono alcune abitudini che potrebbero aumentare le possibilità di contrarre una cervicalgia e una cefalea da cervicale. La prima tra queste è mantenere per lungo tempo una postura forzata: se, infatti, il collo rimane contratto a lungo, potrebbero avere luogo delle infiammazioni a muscoli, nervi e vertebre. Una situazione che potrebbe verificarsi, per esempio, in quei lavori che richiedono di passare diverse ore davanti al computer.

Anche l’attività fisica potrebbe dare luogo a un’infiammazione in zona cervicale: per esempio in tutti quegli esercizi che riguardano gli arti superiori. In genere l’attività sportiva in quanto tale non scatena direttamente il mal di testa, ma andando a sollecitare una muscolatura precedentemente contratta può contribuire a innescare il dolore.

Un altro fattore di rischio può essere l’immobilità prolungata del riposo notturno, quando questo si protrae troppo a lungo e il collo, di conseguenza, resta rigido e contratto. In questo caso è possibile che al risveglio, invece di sentirsi riposati, ci si scopra afflitti da cefalea: la causa è da ricercarsi nell’assenza di movimento della zona cervicale.

Anche traumi cervicali (per esempio un colpo di frusta a causa di un incidente) possono scatenare una cefalea importante e persistente, che può accompagnare il paziente per mesi o persino anni. Questa condizione si verifica se le vertebre hanno perso stabilità e i muscoli che le proteggono devono raddoppiare lo sforzo per compensare il deficit: la tensione muscolare si trasforma in contrattura cronica e provoca la cefalea.

Cefalea da cervicale: quali possibilità di cura?

La diagnosi per indagare le cause scatenanti della cefalea e distinguerla da altre tipologie di mal di testa, viene effettuata dallo specialista che, alla valutazione clinica con anamnesi e esame obiettivo del paziente, affianca una serie di esami esplorativi. I test diagnostici più comuni in questo senso sono radiografia, TAC, risonanza magnetica ed elettromiografia.

Una volta diagnosticato il mal di testa da cervicale lo specialista può impostare la terapia di cura, che può variare in relazione alla causa scatenante della cefalea. Il trattamento più immediato e meno invasivo è quello fisioterapico: la fisioterapia è infatti utile per correggere i problemi posturali e, quando i sintomi cominciano ad attenuarsi, ripristinare la funzionalità della parte affetta dal disturbo. Il percorso fisioterapico può comprendere esercizi di stretching e rafforzamento muscolare, massaggi e manipolazioni. Altri trattamenti a cui il paziente può venire sottoposto sono l’ossigeno-ozono terapia, l’agopuntura e la terapia gnatologica.

Se, invece, la cefalea è infiammatoria o provocata da condizioni come ernie e artriti, è opportuno ricorrere alla somministrazione di farmaci (antinfiammatori, cortisonici, miorilassanti, neuromodulatori, anestetici locali). Se la cefalea dovesse associarsi a condizioni più importanti (per esempio un’ernia cervicale), invece, potrebbe essere necessario ricorrere alla chirurgia.

Attraverso il massaggio alla cervicale si riescono a sciogliere le contratture e a liberare i muscoli contratti e doloranti riuscendo a donarvi nuova libertà di movimento; subito vi sentirete meglio e un senso di benessere e libertà vi irradierà la zona cervicale donandovi una sensazione di leggerezza.

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Con l’arrivo dell’estate riscopriamo il piacere di mettere in mostra le gambe e il corpo con un fisico tonico.

I bendaggi drenanti sono una soluzione davvero efficace per sgonfiare e risolvere il problema della ritenzione idrica prima della prova costume

Cosa sono i bendaggi drenanti

I bendaggi drenanti sono dei trattamenti che utilizzano delle fasce di cotone imbevute di principi attivi. Le bende vengono avvolte intorno alle parte del corpo da trattare, generalmente le gambe e l’addome. Esercitando una compressione, i bendaggi drenanti agiscono sulla circolazione sanguigna e linfatica, favorendo l’eliminazione delle tossine e tonificando i tessuti. All’interno delle strisce di tessuto sono presenti oli essenziali, sali del Mar Morto, estratti di alghe e vegetali, decotti di piante officinali e altri oligo elementi che vengono scelti e miscelati in base al trattamento che si vuole realizzare: per un effetto drenante, tonificante e anticellulite. Inoltre i bendaggi drenanti possono essere combinati con l’uso delle attrezzature per la pressoterapia, rendendo più efficace il risultato.

I bendaggi dimagranti, tonificanti e anticellulite

Esistono diversi tipi di trattamenti con bendaggi drenanti applicati a freddo e a caldo. Nei bendaggi a freddo si ottiene una azione riducente e rassodante che migliora il metabolismo delle cellule adipose, il sistema circolatorio e linfatico. Usate a freddo le bende sono dei vasocostrittori e aiutano a ridurre il senso di pesantezza e il gonfiore delle gambe. Usati a caldo, invece, i bendaggi dimagranti sono dei vasodilatatori in grado di aumentare la circolazione periferica. Stimolano i tessuti adiposi con un effetto disintossicante, mentre il calore attiva il metabolismo dei grassi che agisce in modo più efficace e profondo. I bendaggi dimagranti sono utili per eliminare le tossine che ristagnano tra le cellule e ridurre la ritenzione idrica, responsabile della cellulite, nella pancia, nei glutei e nelle gambe.

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Al termine del trattamento i bendaggi drenanti professionali vengono completati con un massaggio lieve e profondo sulla zona trattata.

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Che tratta il dolore al piede e i problemi funzionali del piede.

Il piede rappresenta l’estremità distale dell’arto inferiore ed è la struttura anatomica con cui l’individuo entra in contatto col suolo.

Per questo motivo il piede ha un’influenza globale sull’organismo non solo da un punto di vista statico e dinamico ma anche e soprattutto sotto il profilo informazionale e propriocettico.

I disagi del piede infatti non si riflettono solo sull’aspetto meccanico in senso stretto ma anche, per esempio, sull’aspetto posturale, vestibolare e psico somatico.

I problemi del piede nella maggior parte dei casi hanno una causa funzionale, per cui l’Osteopatia costituisce un rimedio estremamente efficace sia per quanto riguarda il piede in sé sia per quanto riguarda la sua integrazione funzionale nell’ambito dell’equilibrio generale dell’organismo.

Nelle sezioni successive vedremo quali sono gli ambiti di competenza osteopatica e come l’Osteopatia può intervenire per risolvere il dolore al piede e i problemi del piede.

Il piede piatto e il piede cavo, sempre di competenza osteopatica, vengono trattati in sezioni a parte.

Cenni di anatomia del piede

Il piede è costituito da 26 ossa, numerose articolazioni, muscoli e strutture connettive.

Partendo dall’alto, o meglio dalla zona prossimale, abbiamo l’astragalo e il calcagno che costituiscono lo scheletro del retropiede.

Astragalo e calcagno costituiscono una coppia funzionale estremamente importante in grado di regolare l’intera fisiologia non solo del retropiede ma di tutto il piede.

Disfunzioni a questo livello non sono compensabili in alcun modo e costituiscono quasi sempre fonte di problemi.

Più anteriormente sono presenti l’osso scafoide e l’osso cuboide che costituiscono un’altra coppia funzionale importante.

Cuboide e scafoide trasmettono e distribuiscono le forze di spinta dalla gamba all’estremità distale del piede permettendo, allo stesso tempo, una grande possibilità di adattamento della volta plantare al terreno accidentato.

In una situazione più distale troviamo le tre ossa cuneiformi, a completare l’arco plantare interno, e le cinque ossa metatarsali, che costituiscono l’avampiede.

Infine troviamo le dita del piede, omologhe a quelle della mano, prive di capacità prensili ma utili come punto di inserzione dei sistemi muscolari flessori ed estensori.

I muscoli del piede sono moltissimi e sono in parte intrinseci, cioè costituiscono parte integrante del piede, in parte estrinseci, cioè giungono dalla gamba.

Considerazioni generali sul piede

La struttura anatomica del piede dell’uomo moderno non rispecchia in effetti la vera anatomia del piede, per come dovrebbe essere secondo natura.

Di fatto il nostro piede, allo stato attuale, è sottosviluppato: i nostri muscoli sono meno robusti di quanto dovrebbero essere, la struttura ossea più fragile, l’apparato fasciale e legamentoso meno spesso e resistente.

Anche la pianta del piede è completamente priva di protezioni, sia da un punto di vista cutaneo che fasciale: basta fare qualche passo scalzi sulla spaggia per rendercene subito conto.

Da ormai decenni l’uomo è abituato a utilizzare calzature sempre più sofisticate che, se da un lato rendono confortevole l’appoggio, dall’altro limitano enormemente lo sviluppo armonico del piede, a partire dall’infanzia.

Il nostro stile di vita, completamente sedentario, ci mette in condizione di utilizzare i piedi per camminare solo su terreni in pianura, mai accidentati e senza mai fare alcuna fatica.

Inoltre le calzature, soprattutto quelle femminili, sono spesso dotate di fattezze decorative in completo contrasto con la naturale fisiologia dell’appoggio plantare.

Il risultato è che il nostro piede, anche in assenza di sintomi, si trova comunque in uno stato ai limiti della fisiologia.

A partire da questi presupposti bisogna quindi considerare che, quando tentiamo di rimediare un problema al piede, effettivamente partiamo da una situazione di assoluto svantaggio.

Per questo motivo, in caso di dolore al piede o di problemi del piede, il recupero non è quasi mai realizzabile in tempi brevi.

Infatti, anche ammesso di recuperare la normale funzione dinamica del piede, gli elementi anatomici del piede (ossa, muscoli, legamenti) si trovano quasi sempre in uno stato di atrofia tale da allungare in maniera talvolta significativa i tempi di riduzione del dolore.

Cause del dolore al piede e sintomi specifici

Al di là dei non trascurabili deficit funzionali descritti in precedenza, il dolore al piede e, più in generale, i sintomi relativi al piede sono in gran parte dovuti a cause meccaniche riconducibili a disfunzioni dinamiche e osteopatiche.

Ad esclusione di patologie specifiche (gotta, diabete, callosità, occhio di pernice, ecc.) nella maggior parte dei casi il piede è vittima o sede di disfunzioni di tipo dinamico che ne limitano o ne alterano le normali funzioni fisiologiche.

Tali disfunzioni non solo provocano sintomi dolorosi ma, nal corso del tempo, finiscono per deformare le stesse strutture osse e articolari provocando adattamenti somatici rilevabili tramite le indagini radiografiche.

Dal momento che il piede è una struttura estremamente complessa, i sintomi percepiti nelle varie zone sono espressione di disfunzioni diverse.

Pertanto, al fine di capire meglio come affrontare i vari problemi in maniera specifica, è necessario operare una prima distinzione sommaria in base a criteri topografici.

Dolore sotto la pianta del piede

La pianta del piede è molto spesso sede di manifestazioni dolorose.

Dal momento che la pianta del piede costituisce la superficie di appoggio a terra, il dolore sotto la pianta del piede spesso costituisce causa di invalidità importante poiché impedisce alla persona di mantenere la stazione eretta in maniera funzionale e prolungata.

Molte cause di impedimento lavorativo sono riconducibili ad algie dell’appoggio plantare.

I dolori della pianta del piede sono quasi tutti riconducibili a disfunzioni osteopatiche poiché generalmente quasi sempre hanno una base meccanica e funzionale.

Dato che la pianta del piede e la fascia plantare sono strutture estremamente complesse sotto il profilo meccanico e funzionale, da un punto di vista osteopatico preferiamo distinguere i dolori della pianta del piede in diverse tipologie.

A seconda della localizzazione infatti i vari sintomi sono espressione di precise cause disfunzionali per cui le diverse sintometologie della pianta del piede vengono distinte in:

  • Dolore sotto al tallone o tallonite
  • Dolore nell’incavo del piede
  • Dolore nell’avampiede

Talvolta il dolore alla pianta del piede coinvolge tutta la fascia plantare: in questo caso si parla, più generalmente, di fascite plantare

Dolore sotto al tallone o tallonite

A livello del piede, una delle manifestazioni algiche più frequenti è il dolore sotto al tallone o tallonite.

Il dolore sotto al tallone può manifestarsi secondo due modalità:

  • Dolore sotto sforzo: il dolore è percepito quando il Paziente appoggia il pide a terra e aumenta camminando o facendo attività.
  • Il dolore sotto sforzo generalmente è dovuto ad una disfunzione osteopatica del retropiede, in particolare del calcagno.
  • Dolore al mattino appena alzati: il dolore si manifesta acuto non appena il Paziente appoggia i piedi in terra dopo essersi alzato da letto e tende a diminuire con l’attività.
  • L’intensità del dolore aumenta in proporzione allo sforzo eseguito prima della messa a riposo: se per esempio il giorno prima si cammina molto, si gioca a calcio o si svolgono attività fuori dall’ordinario, allora il mattino dopo il dolore sotto al tallone generalmente è più acuto.
  • Il dolore al mattino è il risultato di uno scompenso osteopatico esteso, che non coinvolge solo il piede ma tutto l’arto inferiore.

Queste situazioni dipendono entrambe in larga misura dalla presenza di disfunzioni osteopatiche a livello del piede e dell’arto inferiore.

In altri termini il piede, da un punto di vista statico e dinamico, non è in equilibrio, presenta tensioni interne che ne accentuano i carichi e che deviano le forze in arrivo dall’alto verso direzioni non fisiologiche.

Bisogna infatti considerare che il peso che si scarica sul piede viene deviato per metà a livello del tallone mentre la restante metà sull’avampiede.

Pertanto ciascun tallone regge, da solo, un quarto del peso della persona.

Considerando le dimensioni del calcagno e la superficie di appoggio della tuberosità calcaneare, possiamo capire l’impegno meccanico del tallone quando la persona è in stazione eretta.

Il disguido meccanico del retropiede inoltre, sul lungo corso, può dare origine all’insorgenza divere e proprie calcificazioni a livello del calcagno, più precisamente:

  • Calcificazioni sotto al calcagno: spina Calcaneare
  • Calcificazioni dietro al calcagno: tendinite del tendine di Achille

Dolore nell’incavo del piede

L’incavo del piede è una zona che molto spesso presenta dolore ed è sede di algie funzionali importanti.

Il dolore nell’incavo del piede si manifesta più frequentemente durante lo svolgimento di attività motoria e sotto carico, anche se in alcuni casi può manifestarsi all’avvio del movimento dopo un periodo di riposo.

Le strutture anatomiche coinvolte sono la fascia plantare, i legamenti a sostegno degli archi plantari (soprattutto l’arco plantare interno) e i muscoli del piede.

Quando vi è un coinvolgimento specifico della fascia plantare allora, generalmente, viene diagnosticata dall’ortopedico una fascite plantare.

Tuttavia la fascite plantare non è l’unica causa di dolore all’incavo del piede.

Molto spesso, per esempio, il dolore all’incavo del piede è causato da squilibri di natura muscolare.

In effetti, prima ancora delle strutture fibrose, sono proprio i muscoli a mantenere attivi e funzionali gli archi plantari, per cui uno squilibrio dinamico della componente muscolare, peraltro consistente a livello del piede, è spesso responsabile di algie e dolori all’arco plantare.

I muscoli coinvolti sono sia i muscoli intrinseci del piede, numerosi e robusti, sia i lunghi muscoli in arrivo dal polpaccio.

In particolare i muscoli tibiale posteriore e peroniero lungo hanno un ruolo meccanico assolutamente fondamentale da un punto di vista dinamico e le contratture di questi muscoli sono spesso responsabili di dolori nell’incavo del piede.

Peraltro lo squilibrio muscolo fasciale, oltre che causa di dolore, è anche responsabile dello sviluppo di dismorfismi specifici come:

  • Piede Piatto
  • Piede Calvo
  • Caduta del metatarso

Gli squilibri dinamici muscolo fasciali della pianta del piede sono quasi sempre di natura opsepatica per cui, in caso di dolore nell’incavo del piede, una revisione osteopatica è assolutamente consigliabile.

Dolore dell’avampiede

Il dolore dell’avampiede, spesso definito anche metatarsalgia, è il dolore percepito sulla parte anteriore del piede, subito prima dell’attaccatura delle dita.

Questa zona è l’ultima che si stacca da terra nella fase del passo ed è la zona su cui viene esercitata la spinta propulsiva per avanzare durante la deambulazione o la corsa.

Principalmente il dolore dell’avampiede ha una causa meccanica e funzionale e quindi è risolvibile con l’Osteopatia.

A volte sono presenti disfunzioni a livello degli elementi ossei del metatarso come dei muscoli intrinseci del piede, mentre altre volte le disfunzioni sono localizzate a monte, a livello dell’arto inferiore e il piede è costretto ad adattarsi per compensare.

Queste sono le eventualità più frequenti.

Tuttavia, a volte, sono presenti altre cause.

Talvolta il dolore all’avampiede è causato, banalmente, dall’utilizzo di calzature poco idonee al mantenimento di un atteggiamento fisiologico naturale.

Nello specifico calzature con tacchi eccessivamente alti sono quasi sempre causa di dolore all’avampiede, specie nei casi in cui dette calzature vengano indossate per periodi prolungati e in stazione eretta.

In questa situazione il peso corporeo, invece di essere distribuito uniformemente su tutta la pianta del piede, viene concentrato sull’avampiede e sulle teste metatarsali provocando dolore e scompensi funzionali.

In questi casi è sufficiente limitare l’utilizzo di tacchi alti a vantaggio di calzature che consentano un appoggio più naturale.

Un’altra possibile causa di dolore all’avampiede è il neuroma di Morton.

Per neuroma di Morton si intende la fibrotizzazione della guaina nervosa di un nervo interdigitale delle dita del piede, generalmente il nervo fra il terzo e quarto dito.

Il neuroma di Morton può essere l’espressione di un disguido miofasciale dell’avampiede: come tutte le fibrotizzazioni e le calcificazioni, anche il neuroma di Morton solitamente si sviluppa in risposta ad uno stress meccanico che coinvolge i muscoli e le fasce dell’avampiede.

In definitiva anche il neuroma di Morton parte da una base disfunzionale per cui una correzione osteopatica è sempre indicata.

In caso di formazioni fibrose importanti a volte è necessario intervenire con metodiche diverse dall’Osteopartia ma, in ogni caso, se non si eliminano le tensioni meccaniche dell’avampiede, difficilmente si riuscirà a ottenere risultati stabili nel tempo.

Per concludere, nella stragrande maggioranza dei casi, la causa dei dolori all’avampiede è generalmente funzionale e quindi correggibile con l’Osteopatia.

Dolore sulla parte esterna del piede

In qualche caso il dolore viene percepito sulla parte esterna del piede.

Per parte esterna del piede si intende la zona laterale bassa che va dalla parte esterna del tallone fino al 5° dito (al mignolo del piede).

Questo dolore talvolta è la conseguenza di una distensione traumatica della parte esterna della gamba e del piede e spesso, in questi casi, si rilevano micro fratture a livello del 5° osso metatarsale.

In realtà, nella maggior parte dei casi, le strutture sono integre o presentano adattamenti di vecchia data, tali da non giustificare sintomi dolorosi.

Generalmente il dolore riferito nella parte esterna del piede dipende da contratture locali della loggia laterale dei muscoli intrinseci del piede e dei muscoli peronieri.

Il muscolo peroniero breve in particolare ha un ruolo importante nella messa in tensione della parte laterale del piede dal momento che si inserisce sulla testa del 5° osso metatarsale.

Queste tensioni vengono trasferite alla muscolatura intrinseca della porzione laterale del piede, soprattutto il muscolo abduttore del 5° dito.

Quindi spesso si trovano contratture estese che coinvolgono non solo il piede ma anche la gamba lateralmente fino al ginocchio.

Tali contratture sono sostenute da schemi disfunzionali che coinvolgono tutto l’arto inferiore e che spesso partono dal bacino.

L’Osteopatia lavora con successo su questo tipo di disagio intervenendo con tecniche soft rivolte a sciogliere le contratture e a distendere le fasce muscolari.

Dolore sul dorso del piede

A volte il dolore si manifesta sul collo del piede e sul dorso del piede.

Si tratta di un dolore piuttosto superficiale, urente (come se bruciasse) che tende ad aumentare con il movimento.

Questo tipo di dolore è l’espressione di una tensione anomala del sistema delle fasce anteriori dell’arto inferiore.

Normalmente tale tipo di tensione non riguarda solo il piede ma tutta la gamba e la coscia e spesso ha origine in alto.

In qualche caso il dolore risale lungo la gamba e arriva fino alla parte anteriore della tibia raggiungendo il ginocchio.

Spesso è coinvolto anche il muscolo estensore breve delle dita, detto anche muscolo pedidio, che, conrtraendosi, dà un tipico bruciore sul dorso del piede.

Riassumendo si può dire che il dolore sul dorso del piede sia quasi sempre di natura funzionale, per cui l’approccio terapeutico deve necessariamente muoversi in questa direzione.

Terapie antidolorifiche o antinfiammatorie possono aiutare ma, se non si eliminano le tensioni sulle fasce anteriori, non si giunge mai ad una vera soluzione.

L’Osteopatia è molto efficace nei confronti del dolore sul dorso del piede poiché va a sciogliere le tensioni e le contratture prendendo in esame non solo il piede ma, necessariamente, tutto l’arto inferiore e anche il bacino.

Dolore alla caviglia

Il dolore alla caviglia può insorgere senza una causa apparente o può essere l’esito di un trauma in distorsione della caviglia.

In caso di distorsione solitamente non si interviene mai in fase acuta, quando la caviglia è gonfia, ma si attende che il fenomeno infiammatorio si riduca e che il piede sia più accessibile al contatto manuale.

Indipendentemente dall’origine, il dolore alla caviglia è sempre il risultato di un disguido meccanico delle articolazioni del piede.

In caso di distorsione spesso il problema è localizzato a livello del piede mentre in caso di insorgenza spontanea, senza traumi diretti al piede, solitamente l’origine è a monte, a livello dell’arto inferiore o del bacino.

Queste ultime sono anzi le eventualità più frequenti in quanto molto spesso l’origine di un dolore alla caviglia è l’effetto di una disfunzione meccanica che coinvolge tutto l’arto inferiore.

Le parti maggiormente coinvolte sono l’articolazione tibio tarsica e l’articolazione sotto astragalica, con tutti gli annessi legamentosi e muscolari.

A livello tibio tarsico si trovano a volte restrizioni di mobilità a livello dell’articolazione tibio peroneale inferiore: disfunzioni a questo livello impediscono all’astragalo di ruotare correttamente attorno all’asse trasversale.

Le disfunzioni sotto astragaliche vanno invece a perturbare la corretta mobilità del calcagno e di tutto il retropiede restituendo sintomi a volte localizzati sui due versanti del piede, sia interno che esterno.

Normalmente, in caso di dolore alla caviglia, l’Osteopatia è risolutiva.

Entesopatia e tendinite del tendine d’Achille

A volte restrizioni osteopatiche del retropiede possono causare entesopatia e tendinite del tendine d’Achille.

L’entesopatia è un’affezione di natura infiammatoria localizzata a livello dell’inserzione di un tendine sull’osso.

L’entesopatia del tendine d’Achille pertanto è un’infiammazione nel punto di inserzione del tendine d’Achille sulla faccia posteriore del calcagno: tale infiammazione si estende spesso allo stesso tendine d’Achille.

Il risultato è un dolore acuto dietro la caviglia soprattutto sotto sforzo.

Il tendine d’Achille è uno dei tendini più robusti del corpo umano ed è in grado di reggere da solo il peso dell’intera persona in situazioni non solo statiche ma anche dinamiche.

Quando sono presenti disfunzioni meccaniche a livello del piede o della gamba il tendine d’Achille traziona il calcagno lungo assi non fisiologici.

Nel corso del lungo periodo questo deficit meccanico finisce per stancare e infiammare il tendine d’Achille trasformandolo in fonte di dolori acuti.

Allo scopo di trattare il tendine d’Achille, pertanto, non è sufficiente somministrare terapie orientate unicamente al tendine.

Soprattutto è necessario riequilibrare il piede e l’arto inferiore allo scopo di mettere il tendine in condizione di lavorare in maniera fisiologica.

Una volta ristabilita la funzione, il sintomo regredisce di conseguenza.

L’Osteopatia interviene proprio seguendo questo paradigma.

Piede gonfio

A volte il piede si gonfia senza una causa apparente.

Esistono diverse tipologie di gonfiore al piede:

  • Esito di trauma diretto: solitamente il piede è anche caldo e doloroso. Spesso sono presenti anche disfunzioni dinamiche.
  • Disguido meccanico del piede: a volte una disfunzione dinamica può provocare versamento articolare a livello delle articolazioni o edema dei tessuti, compreso edema osseo.
  • Deficit di ritorno venoso o linfatico: spesso la causa è funzionale in quanto il gonfiore dipende da strozzature dei vasi linfatici e venosi di ritorno.
  • Altre cause: il piede può gonfiarsi per la presenza di patologie, anche se statisticamente ciò accade meno frequentemente.

Nella maggior parte dei casi l’intervento osteopatico è risolutivo in quanto, per lo meno per quanto riguarda le prime tre tipologie, una disfunzione dinamica del piede è sicuramente in atto.

Bisogna considerare che terapie unicamente mirate a sgonfiare il piede spesso non sono sufficienti poiché non rimuovono le cause a monte.

Se per esempio un vaso linfatico è compresso da una contrattura muscolare o da uno stiramento dovuto a una disfunzione, per risolvere il gonfiore sarà necessario decomprimere il vaso eliminando le cause che lo comprimono.

In casi del genere manovre di linfodrenaggio o farmaci diuretici non costituiscono misure del tutto risolutive poiché non arrivano al cuore del problema.

L’Osteopatia, al contrario, lavora proprio sulle cause primarie del gonfiore costituendo quindi una soluzione efficace.

Dolore alle dita del piede

In qualche caso dolori o dismorfismi delle dita del piede sono il risultato di disfunzioni osteopatiche.

Un esempio su tutti è il caso dell’alluce valgo.

Tuttavia in molti casi gli adattamenti e le degenerazioni dei tessuti sono talmente avanzate che manualmente non è più posibile tornare alla situazione originaria.

In ogni caso il dolore alle dita del piede, in particolare all’alluce, normalmente è riconducibile a schemi disfunzionali responsabili, a lungo termine, anche dei relativi dismorfismi.

Sono presenti cioè tensioni interne e contratture della muscolatura intrinseca che provocano stress dinamici e infiammazioni sui tessuti connettivi, in particolare a livello dell’apparato capsulo legamentoso delle articolazioni delle dita del piede.

Spesso queste situazioni finiscono per creare adattamenti anatomici sulle strutture, tali da condizionare in modo permanente la funzionalità delle dita.

Certamente la presenza di dita a martello, alluce valgo o gravi dislocazioni articolari, per citare gli esempi più frequenti, non sono più correggibili con l’Osteopatia.

Tuttavia, anche in questi casi, è comunque utile un riequilibrio osteopatico al fine di riarmonizzare le strutture e metterle in condizione di lavorare in maniera ottimale.

In questo modo si evita che il problema progredisca e in molti casi si può avere comunque un beneficio sul dolore.

Rimedi tradizionali per il dolore al piede

I rimedi tradizionli per il dolore al piede si suddividono in diverse categorie:

  • Farmaci antidolorifici
  • Fisiokinesiterapia
  • Solette ortopediche

Questo variegato complesso di soluzioni presenta, come caratteristica comune, il fatto di intervenire sul sintomo, sia dal punto di vista del dolore che del dismorfismo senza tuttavia riuscire a intaccare le cause primarie di tali manifestazioni.

Queste soluzioni costituiscono comunque rimedi estremamente utili, soprattutto in casi acuti o in situazioni di emergenza.

In particolare le solette anatomiche, specie se progettate su misura, costituiscono dei validi rimedi soprattutto per i dolori riferiti alla pianta del piede.

Tuttavia se non si interviene sulle disfunzioni dinamiche dell’arto inferiore, cioè se non si interviene alla radice del problema, questi tipi di soluzione, sul lungo termine, tendono a perdere progressivamente la propria iniziale efficacia.

Trattamento osteopatico del piede

L’Osteopatia interviene sulle disfunzioni dinamiche e meccaniche dell’arto inferiore e del piede e, per questo motivo, l’Osteopatia costituisce un rimedio estremamente efficace per i dolori al piede.

Da un punto di vista metodologico l’indagine inizia da piede ma necessariamente si estende all’arto inferiore, al bacino e, spesso, alla colonna vertebrale.

Ricordiamo infatti che, nella maggior parte dei casi, il dolore al piede non dipende da un problema a livello del piede ma da catene disfunzionali discendenti in arrivo dall’alto.

In altri termini, nella maggior parte dei casi, il piede lavora male e fa male non per colpa sua ma per adattarsi a problemi localizzati a monte.

Vediamo meglio.

Adattamenti osteopatici del piede

Le 26 ossa del piede, le relative articolazioni, i numerosi muscoli intrinseci e le robuste fasce, soparattutto a livello plantare, sono spesso sede di disfunzione osteopatica primaria.

In realtà non tutte le strutture del piede sono colpite da disfunzioni dinamiche in egual misura e non tutte le parti hanno uguale importanza sotto il profilo biomeccanico.

In linea di massima il retropiede è la zona più importante sotto il profilo dinamico e anche, in effetti, la zona più bersagliata da un punto di vista disfunzionale.

In particolare l’astragalo e soprattutto il calcagno sono elementi spesso interessati da disfunzioni osteopatiche.

Le articolazioni sotto astragaliche rivestono un’importanza speciale poiché la limitazione della loro mobilità causa alterazioni dinamiche non solo a livello del piede ma anche su tutta l’impalcatura scheletrica con ripercussioni fino al tratto cervicale.

Spesso, per esempio, in caso di fascite plantare o spina calcaneare si riscontrano disfunzioni dinamiche a livello del calcagno.

L’astragalo è invece più interessato da traumi distorsivi, prevalentemente in inversione, che ne determinano lo slittamento in avanti.

Ancora, da un punto di vista osteopatico, possono essere presenti disfunzioni della coppia scafoide e cuboide come delle ossa cuneiformi che spesso tendono a slittare verso l’alto rispetto all’osso scafoide.

A livello del piede si riscontrano inoltre disfunzioni osteopatiche a livello del sistema fasciale e legamentoso.

La fascia plantare si trova spesso sotto tensione come anche i muscoli ad essa annessi, in particolare i muscoli abduttore del mignolo e adduttore dell’alluce, rispettivamente ai due lati esterno e interno.

In qualche caso è interessato il muscolo pedidio, sul dorso del piede, le cui contratture danno dolori piuttosto intensi sul dorso e sul collo del piede fino alla gamba.

A livello del piede le tecniche di intervento sono dirette sia alle articolazioni che ai sistemi mio fasciali.

In entrambi i casi si interviene sempre con delicatezza in modo da allentare le tensioni e sciogliere i nodi disfunzionali.

Adattamenti osteopatici delle fasce dell’arto inferiore

Bisogna considerare che la maggior parte dei problemi del piede non origina a livello del piede ma giunge dall’alto.

Disfunzioni che tendono a riflettersi sul piede hanno spesso sede a livello del sistema delle fasce dell’arto inferiore.

Per sistema fasciale si intende il sistema delle strutture fibrose che avvolgono i muscoli, i nervi, i vasi e tutte le altre parti e che si inseriscono sulle ossa.

Sotto il profilo funzionale e anatomico le fasce sono organizzate in sistemi, nel senso che le tensioni meccaniche si trasmettono sempre seguendo precise linee di forza, identificando sistemi di trasmissione in maniera abbastanza evidente.

Si possono pertanto identificare sistemi posteriori, anteriori e laterali a seconda dell’impegno dinamico dell’arto inferiore.

Questi sistemi permettono la trasmissione di forze dall’alto al basso e viceversa per cui, nel momento in cui restrizioni di mobilità impediscono o deviano questo flusso, i carichi e le tensioni vengono distribuiti in direzioni e su assi non fisiologici creando problemi di natura dinamica su tutto lo scheletro.

Le forze in discesa, mal distribuite, che si scaricano sul piede finiscono per creare problemi al piede e all’appoggio.

Pertanto, in questi casi, è necessario riequilibrare i sistemi fasciali dell’arto inferiore e, solo in via secondaria, revisionare il piede.

Nello specifico spesso si trovano restrizioni a livello dei sistemi laterali a partire dalla coscia (bandelletta ileotibiale), a livello dei sistemi anteriori (quadricipite, tendine rotuleo, zampa d’oca) e dei sistemi posteriori (ischio crurali, adduttori).

L’Osteopatia interviene con successo liberando tali catene di trasmissione e permettendo così al piede di lavorare libero da restrizioni.

Adattamenti osteopatici del ginocchio

Le disfunzioni osteopatiche del ginocchio possono essere causa di restrizioni funzionali a livello del piede.

Parlando del ginocchio bisogna soprattutto considerare l’articolazione peroneo tibiale superiore le cui restrizioni spesso creano problemi indiretti alla caviglia.

Infatti il perone, l’osso lungo che va dal ginocchio alla caviglia esternamente, presenta due articolazioni con la tibia: una superiore, l’altra inferiore.

Quando una delle due si blocca anche l’altra lavora male.

Per cui restrizioni a livello del ginocchio (articolazione superiore) creano problemi alla caviglia.

Peraltro, sempre per lo stesso principio, vale anche il discorso inverso: disfunzioni dell’articolazione peroneo tibiale inferiore (caviglia) possono portare problemi al ginocchio.

In ogni caso il perone è spesso responsabile di restrizioni al piede, anche in considerazione del fatto che da qui partono anche i potenti muscoli peronieri che rivestono un ruolo chiave nella dinamica del piede.

Parlando di ginocchio in senso più stretto, le rotazioni della tibia, le disfunzioni dinamiche dei menischi, le contratture dei muscoli adiacenti all’articolazione e del muscolo plantare in particolare possono riflettersi verso il basso.

Le disfunzioni del ginocchio possono essere corrette facilmente dalle tecniche osteopatiche.

Adattamenti osteopatici del bacino

Le disfunzioni del bacino, condizionando la dinamica dell’arto inferiore, si riflettono sul piede con una certa frequenza.

Disfunzioni iliache e sacrali danno facilmente origine a catene discendenti che giungono fino al piede coinvolgendo tutto l’arto inferiore.

Il bacino è infatti connesso in maniera diretta alla tibia e al perone attraverso diversi sistemi muscolo fasciali.

Innanzitutto i muscoli ischio crurali, nella parte posteriore della coscia, possono presentare contratture in grado di mettere sotto tensione la tibia e il perone.

Anche i muscoli adduttori, nella parte interna della coscia, possono presentare tensioni in grado di condizionare la dinamica delle ossa della gamba.

Dal bacino parte anche il muscolo retto femorale che condiziona il sistema fasciale anteriore.

Possiamo ancora aggiungere il complesso dei muscoli della zampa d’oca (gracile, semitendinoso, sartorio) che, partendo dal bacino, possono influenzare la dinamica del ginocchio e quindi del piede.

Infine non bisogna dimenticare i visceri del piccolo bacino (vescica, retto, utero) che, se soggetti a restrizioni osteopatiche, possono trasformarsi in elementi di restrizione dinamica nei confronti dell’intero bacino con riflessi verso il basso.

Le disfunzioni osteopatiche della vescica in particolare sono abbastanza legate alle disfunzioni dinamiche del piede.

Curiosamente anche secondo la Medicina Tradizionale Cinese il Meridiano dela Vescica è intimamente collegato al piede.

In conclusione possiamo affermare che le disfunzioni del bacino vanno quasi sempre a perturbare la gamba e il piede in maniera molto diretta.

In questi casi l’intervento osteopatico è risolutivo poiché l’Osteopatia è in grado di riequilibrare le strutture del bacino, organi compresi, restituendo armonia a tutto l’arto inferiore.

Adattamenti osteopatici cranio sacrali

Gli adattamenti di tipo cranio sacrale sono spesso alla base di un dolore a un piede o a entrambi i piedi.

Le disfunzioni della base del cranio, creando uno squilibrio a livello dell’osso sacro e del bacino, possono dare origine a catene discendenti in grado di raggiungere il piede.

In effetti il collegamento fra la base del cranio e il piede è molto diretto.

Questo può sembrare strano a chi non è abituato a ragionare secondo schemi osteopatici ma nel quotidiano situazioni del genere sono assolutamente all’ordine del giorno.

Restrizioni di elementi come l’osso occipitale, l’osso temporale o l’osso sfenoide possono effettivamente influenzare l’assetto dinamico del bacino in maniera importante.

Le restrizioni osteopatiche della base del cranio sono così importanti e determinanti che, se non vengono opportunamente trattate, risulta letteralmente impossibile risolvere i problemi del piede.

Molti Pazienti con dolore ai piedi non riescono a trovare un rimedio proprio perché, non avendo mai avuto la possibilità di effettuare trattamenti di riequilibrio dinamico della base del cranio, continuano a mantenere attivi gli schemi disfunzionali all’origine dei loro sintomi.

Per quello che è possibile osservare, in caso di dolore ai piedi una restrizione craniale è quasi sempre presente: è molto raro che un Paziente non presenti una restrizione osteopatica di tipo craniale.

Per questo motivo l’Osteopatia, trattando il cranio, costituisce un rimedio di prima scelta nei confronti del dolore ai piedi.

Adattamenti osteopatici della colonna vertebrale

In ultima analisi bisogna ancora considerare le disfunzioni vertebrali, peraltro, di tipo primario, abbastanza rare.

Soprattutto le disfunzioni lombari, in grado condizionare la tensione del muscolo psoas, possono portare restrizioni diretta sull’anca e, di riflesso, al piede.

Talvolta disfunzioni vertebrali possono anche influenzare la dinamica del bacino.

In realtà la colobnna vertebrale è quasi sempre vittima delle disfunzioni del piede, piuttosto che costituirne la causa, anche se in alcuni casi può verificarsi che uno squilibrio osteopatico primario del rachide si rifletta in discesa fino ad arrivare al piede.

In questo caso l’intervento osteopatico è mirato al riequilibrio del rachide per poi valutare tutta la catena disfunzionale in discesa.

Casi reali

Il dolore ai piedi colpisce la popolazione in maniera piuttosto trasversale.

Nei soggetti giovani il dolore generalmente è quasi unicamente associato a disguidi di tipo meccanico mentre nei soggetti anziani al disagio meccanico si sommano gli aspetti degenerativi dei tessuti.

In ogni caso il recupero del piede non è quasi mai un procedimento breve anche perché, nel momento in cui il piede comincia a dare segnali di disfunzione, solitamente uno squilibrio è in atto già da tempo.

Riporto due casi interessanti.

Primo caso

Il primo caso riguarda un giovane calciatore dilettante che lamentava dolore sotto al tallone destro da diversi mesi.

Il dolore era assente sotto sforzo ma si manifestava sempre il giorno dopo gli allenamenti con un’intensità proporzionale all’entità dell’allenamento svolto.

Questo Paziente usava regolarmente un’opportuna soletta ortopedica, con cui si allenava, ed era in costante trattamento fisioterapico, in parte presso il fisioterapista della società sportiva, in parte presso un istituto di riabilitazione.

Aveva svolto trattamenti di tecar terapia, laser terapia, allungamenti del tricipite surale e del polpaccio, riabilitazione propriocettiva, massoterapia distrettuale, bendaggi, tape neuromuscolare e altri trattamenti di natura fisioterapica.

Il problema si era ridimensionato nel corso dei primi mesi, ma periodicamente si riacutizzava e quindi non era mai arrivato a scomparire del tutto.

Questo Paziente è giunto all’Osteopatia su consiglio degli stessi fisioterapisti che lo seguivano.

Nel caso di questo Paziente l’intervento osteopatico ha dato risultati particolarmente brillanti, nel senso che il dolore è scomparso nel giro di un paio di sedute per non più ripresentarsi.

È necessario sottolineare che situazioni del genere sono statisticamente rare.

Solitamente, anche nei casi più fortunati, il dolore sotto al tallone impiega settimane prima di scomparire de tutto.

Tuttavia questo caso dimostra tutta l’efficacia del lavoro funzionale di tipo osteopatico.

Se si fa in modo che le strutture tornino a lavorare correttamente, il recupero della funzione è sempre assicurato e la scomparsa del dolore segue di conseguenza, nella quasi totalità dei casi.

Questo Paziente presentava restrizioni cranio sacrali che si riflettevano sul bacino creando una linea di tensione sulle catene posteriori fino al calcagno.

Fortunatamente in questo caso non erano presenti adattamenti fasciali importanti, né contratture locali significative per cui la risoluzione è stata particolarmente rapida.

Secondo caso

Il secondo caso riguarda una casalinga di 65 anni recante un dolore bilaterale sotto la pianta dei piedi.

Il problema era presente da anni e si manifestava diffusamente durante l’arco della giornata con maggiore acuzie nelle prime ore della mattinata.

Nel corso degli anni questa Paziente aveva già tentato qualsiasi tipo di terapia senza mai risolvere in maniera stabile.

Dopo infiniti tentativi si era rassegnata al dolore che comunque riusciva a controllare con solette ortopediche e calzature adeguate, oltre che, periodicamente, con qualche ciclo di fisioterapia.

L’Osteopatia, per questa Paziente, ha rappresentato l’ennesimo tentativo senza troppe speranze né aspettative.

Riassumendo per sommi capi, in un arco di tempo di quattro mesi è stato possibile arrivare ad una forte diminuzione del dolore, anche se non ad una scomparsa totale.

Rivista a distanza di più di un anno per motivi diversi la Paziente ha riferito di avere avuto ancora una diminuzione del dolore che si è poi stabilizzato su livelli minimi.

Pertanto, nel corso del lungo periodo, si può dire che il problema sia stato stabilmente ridimensionato, anche se non del tutto risolto.

Considerando la situazione iniziale personalmente considero che questo sia un ottimo risultato.

Realisticamente, trattare un problema in atto da una vita è impresa effettivamente ardua.

Tuttavia la Paziente, in seguito al trattamento osteopatico, è riuscita ad appoggiare i piedi a terra al mattino quasi senza dolore e a svolgere le proprie attività quotidiane in maniera sostenibile.

Inoltre durante il periodo estivo è riuscita addirittura a camminare in ciabatte da spiaggia senza utilizzare solette, cosa che non riusciva a fare da molti anni.

Questi esempi per far capire come l’Osteopatia possa effettivamente costituire una soluzione seria ed efficace per i problemi di dolore al piede.

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Dott.ssa Lidia Esther Guzman

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Esercizi posturali, come riportare il proprio corpo in asse 2 Esercizio tipo numero 1 3 Esercizio tipo numero 2, con variabile 4 Esercizio tipo numero 3 5 Esercizio tipo numero 4 e 5 6 Esercizio tipo numero 6 La postura è l’insieme di tutti gli adattamenti che il nostro corpo ha rispetto [… 1 Esercizi posturali, come riportare il proprio corpo in asse 2 Esercizio tipo numero 1 3 Esercizio tipo numero 2, con variabile 4 Esercizio tipo numero 3 5 Esercizio tipo numero 4 e 5 6 Esercizio tipo numero 6 La postura è l’insieme di tutti gli adattamenti che il nostro corpo ha rispetto all’ambiente conseguentemente a situazioni, condizioni fisiche ed emotive. La postura è la posizione che il corpo ha rispetto alla gravità nella sua totalità o in parte di esso in determinate condizioni statiche o in movimento. Una postura corretta è molto importante per la prevenzione di dolori fisici e la prevenzione di traumi muscolari o ossei, per avere una maggiore mobilità fisica, un’agilità più sviluppata e una resistenza in generale migliore. Anche l’aspetto della persona e la sua capacità di comunicare con il linguaggio del corpo ne giovano. Le deviazioni posturali possono avere cause diverse dovute e problematiche fisiche oppure a abitudini scorrette e creano dei disequilibri in un sistema nel quale ogni piccola parte ha un suo preciso ruolo e posizione, come nel corpo umano. È chiaro che una postura sbagliata non ha conseguenze in negativo immediatamente visibili, ma a seconda dei casi si tratta di problemi che con il tempo diventano irrimediabili. Proprio per questo motivo è bene tenere sott’occhio la propria postura e in caso di disequilibri agire per modificarsi e riportare il corpo in asse: fare degli esercizi posturali mirati, grazie all’utilizzo di test appositi per capire dove è il problema con precisione, e in caso si renda necessario, utilizzare strumenti destinati alla correzione posturale. I controlli devono però essere fatti da personale competente e questo perché il corpo umano sembra riprogrammarsi in senso posturale in base al cambiamento delle situazioni al fine di raggiungere un nuovo equilibrio: se in un primo momento le modifiche del corpo sono fisiologiche, col tempo possono diventare addirittura anatomiche, a livello osseo e poi a livello chimico diventando realmente un contatto (che in questo caso definiamo gap) fra neuroni. Tutto questo è determinato dal fatto che nell’organismo umano la funzione incide e comanda la struttura, si parla in questo senso di enagramma motorio, indicando con questa definizione l’insieme delle capacità motorie che l’organismo di una persona ha memorizzato e che attiva un legame fra i neuroni e quelle capacità. Tutto questo è per spiegare quanto gli errori posturali possano incidere in maniera significativa sul corpo umano e sulla possibilità di soffrire di alcune patologie. Esercizi posturali, come riportare il proprio corpo in asse La posturologia ha il compito di determinare gli errori di postura, capirne la causa e trovare il modo per ripristinare la situazione sia statica che dinamica. Gli esercizi posturali sono stati ideati per ridare armonia, mobilità ed equilibrio alla struttura del corpo, a partire dalla colonna vertebrale, fino ad arrivare alle anche, al torace, alle scapole, alle spalle e alla testa. Le modalità con le quali si svolgono questi esercizi sono diverse: vi è il sistema isotonico, che prevede un accorciamento del ventre con una tensione costante, quello isometrico, nel quale invece va tenuto in allungamento il muscolo e, infine, il sistema eccentrico nel quale il ventre muscolare va allungato e con una tensione costante. Molto importante anche l’allungamento come nello stretching, ovvero l’allungamento muscolare, tendineo e dei legamenti. Negli esercizi posturali vengono coinvolti sia lo scheletro, sia i muscoli, che i tendini, i legamenti, le cartilagini e i tessuti connettivi e contemporaneamente entrano in gioco anche l’apparato cardiocircolatorio poiché si accelera la circolazione. Gli esercizi posturali vanno eseguiti lentamente e controllando l’allineamento del corpo con attenzione, sia nei momenti di staticità, sia in quelli dinamici, per questo è consigliabile l’esecuzione davanti allo specchio. É fondamentale controllare la respirazione, coordinandola con l’esercizio in esecuzione: in linea di massima nel momento di tensione si espira, mentre a rilascio si inspira. Esercizio tipo numero 1 In piedi, magari davanti allo specchio, prendere una barra alle estremità con le braccia dritte. Portare il bastone dietro la testa e oscillare in maniera lenta da un lato e dall’altro restando immobile con la parte inferiore del corpo, si muove solo la schiena e il bacino è fermo. Ripetere l’esercizio per 15 volte. Esercizio tipo numero 2, con variabile Sedersi su una sedia, mettere i palmi delle mani sulle gambe stando eretti sulla schiena. Guardando in avanti, ruotare ora il collo a sinistra e poi a destra lentamente, non muovendo null’altro che la testa. Sempre partendo dalla stessa posizione, guardando avanti, inclinare il collo a sinistra e poi a destra verso la spalla fino a dove si riesce, senza sentire troppo dolore. Esercizio tipo numero 3 Sedersi su una sedia e piegarsi su se stessi fino a toccare per terra con le mani, fermarsi così per alcuni secondi, facendo tre bei respiri e tornare alla posizione di seduta normale. Esercizio tipo numero 4 e 5 Sdraiati su un piano con la schiena, prendere una posizione supina, ovvero con le gambe piegate e le braccia distese in alto a fianco della testa. Portare le braccia in avanti perpendicolarmente al corpo tenendo tutto il resto del corpo fermo, per poi tornare alla posizione di origine. Ripetere l’esercizio 10 volte. Sempre partendo dalla stessa posizione abbracciare le gambe piegate, fare tre respiri e tornare a distendere completamente braccia, parallelamente alle orecchie e gambe. Esercizio tipo numero 6 In posizione supina con la schiena a terra, piegare uno degli arti inferiori e spingerlo dalla parte opposta aiutandosi con la mano, torcendo il busto, ma mantenendo le spalle attaccate a terra.

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Per questo vi proponiamo una serie di esercizi mirati, capaci di aiutare il recupero dell’equilibrio muscolare e articolare, dando sollievo alla nostra cervicale e guadagnando salute nella nostra quotidianità.

La cervicalgia causa dolori nella zona della cervicale delle spalle, con riduzione del movimento del capo e del collo, contratture muscolari, mal di testa, nausee, senso di perdita dell’equilibrio, alterazione della sensibilità di mani e avambracci associata spesso alla riduzione della forza muscolare e della resistenza. Non tutti questi sintomi devono per forza associarsi contemporaneamente (anche se potrebbe succedere), ma anche singolarmente bastano a cambiare in peggio la qualità di vita di chi ne soffre. Le cause che possono portare alla cervicalgia sono varie e vanno da problemi posturali (seduto in piedi, sdraiato) che vedono la verticalizzazione o peggio l’inversione di curva cervicale, tra le cause più frequenti dell’innesco del dolore. Anche la degenerazione artrosica gioca un ruolo di tutto rispetto nella limitazione articolare e nell’esasperazione dell’utilizzo compensatorio dei tessuti molli capsulo-legamentosi, così come il cattivo reclutamento muscolare e l’insorgenza di contratture muscolari. Non possiamo dimenticare le discopatie, quindi le degenerazioni discali, la perdita di idratazione, la presenza di protusioni od ernie discali che possono essere silenti, così come possono scatenare dolori acuti o cronici. Il cattivo posizionamento della schiena e del collo sul materasso e sul cuscino, possono essere un’ulteriore causa di malessere, riducendo la possibilità di recupero durante le ore di riposo notturno. Anche la perdita di equilibrio e sinergia respiratoria tra il diaframma, il torace e l’addome, manda in affaticamento i muscoli motori primari e accessori della respirazione, causando un affaticamento della cervicale e del cingolo scapolare, che porterà lo sviluppo di una cervicalgia secondaria. Da non dimenticare eventi traumatici, come il più noto colpo di frusta cervicale, magari trascurato o malcurato, che possono portare avanti situazioni patologiche, che sfociano in una cervicalgia prima acuta e poi cronica, instaurando alterazioni precoci del tessuto biologico cervicale. Passiamo agli esercizi che sono in grado di migliorare la condizione cervicale dalle varie affezioni fin qui descritte.

1) rotazione delle braccia indietro.

-10 volte (da ripetere per 3 serie) Questo esercizio serve a svincolare il cingolo scapolare, il quale deve essere mantenuto mobile, rispetto al segmento cervicale e alle vertebre dorsali alte, su un piano antigravitario.

2) verticalizzazione cervicale.

Il mento va spinto in dietro (come se volessimo fare il doppio mento), senza perdere l’asse di posizione della testa rispetto alle spalle. -7 volte mantenendo la posizione per 4 secondi Questo esercizio serve a diminuire la compressione delle faccette articolari cervicali, ad allungare i muscoli sottonucali e quelli profondi del collo.

3) iperlordosi cervicale

Il mento va spinto in alto (come se volessimo guardare la parte del soffitto sopra di noi), senza perdere l’asse di posizione della testa rispetto alle spalle. -7 volte mantenendo la posizione per 4 secondi. Questo esercizio serve a diminuire la compressione dei dischi intervertebrali nella porzione centrale, ad allungare la muscolatura anteriore, a decomprimere le strutture di contenimento viscerali del collo.

4) rotazione destra // rotazione sinistra

La testa va ruotata cercando di guardare fin dietro la spalla del lato dove si gira. Bisogna assolutamente evitare che il movimento di rotazione venga fatto utilizzando le spalle, le quali devono pertanto rimanere immobili. Il movimento deve fermarsi nel momento prima di avvisare dolore (non dobbiamo mai provocare dolore nell’esecuzione dell’esercizio). Nel compiere l’esercizio descritto la testa non deve anteporsi o retrocedere rispetto al piano frontale delle spalle. -10 volte a destra mantenendo la posizione raggiunta per 5 secondi. -10 volte a sinistra mantenendo la posizione raggiunta per 5 secondi. Questo esercizio serve ad aumentare le capacità di rotazione della testa e della cervicale, svincolando tale movimento rispetto al movimento rotatorio del busto, portando un beneficio diretto ai muscoli delle spalle ed evitando fastidiose contratture.

5) inclinazione destra // inclinazione sinistra

La testa e quindi il collo, devono inclinarsi lateralmente cercando di portare l’orecchio il più vicino possibile alla spalla verso la quale si va. La mano si posiziona sul vertice della testa e accompagna il movimento di lateralità. La spalla non deve risalire verso l’alto, ma anzi deve scendere verso il basso accompagnando il movimento della mano che facilita l’inclinazione cervicale e del capo. Il movimento deve fermarsi nel momento prima di avvisare dolore (non dobbiamo mai provocare dolore nell’esecuzione dell’esercizio). Nel compiere l’esercizio descritto la testa non deve anteporsi o retrocedere rispetto al piano frontale delle spalle. -10 volte a destra mantenendo la posizione raggiunta per 5 secondi. -10 volte a sinistra mantenendo la posizione raggiunta per 5 secondi. Questo esercizio serve ad aprire i forami di coniugazione dai quali fuoriescono i nervi periferici del plesso cervicale e brachiale, mobilizza il segmento cervicale lateralmente, utilizzando sia le faccette articolari sia gli uncus vertebrali, serve ad allungare i muscoli del collo e delle spalle.

6) trazione dell’arco cervicale

Arrotoliamo un asciugamani o un telo della misura adeguata per essere preso con entrambe le mani e posizionare il centro di esso a metà dello spazio tra le spalle e la nuca, ovvero a metà del collo. Alziamo le braccia a 90° e trazioniamo delicatamente la cervicale verso l’alto e in avanti con una direzione di circa 45°, proprio come riportato nella figura di fianco. La testa e il collo devono rimanere rilassati e non offrire resistenza alla trazione esercitata con le mani. Si sentirà l’effetto di spinta e sostegno della curva di lorodosi cervicale. -5 volte mantenendo la posizione raggiunta per 7 secondi. Questo esercizio serve a stimolare la fisiologica curva di lordosi cervicale, scaricandola dal peso compressivo che la verticalizzazione posturale può causare. La muscolatura profonda cervicale ridurrà la propria tensione e nell’immediato si avrà anche un miglioramento del movimento rotatorio del collo.

7) rinforzo muscolare isometrico

Nella figura 1e 2 la mano va posizionata sulla zona laterale della testa (antero-superiormente all’orecchio), esercitando una spinta da parte della testa e del collo contro la mano, la quale offrirà una resistenza adeguata per non far muovere la cervicale dalla posizione di partenza. Nella figura 3 entrambe le mani vanno posizionate sulla fronte (l’appoggio è subito sopra le due sopracciglia), esercitando una spinta da parte della testa e del collo contro le mani, le quali offriranno una resistenza adeguata per non far muovere la cervicale dalla posizione di partenza. Nella figura 4 entrambe le mani vanno posizionate tra il collo e la nuca (l’appoggio è con i pollici all’attaccatura posteriore dei capelli e con le restanti dita delle mani che abbracciano la parte posteriore della testa), esercitando una spinta da parte della testa e del collo contro le mani, le quali offriranno una resistenza adeguata per non far muovere la cervicale dalla posizione di partenza. -4 volte per ogni figura, mantenendo la posizione di spinta e di resistenza per 15 secondi La muscolatura del collo va sicuramente allungata e decontratta, ma è anche vero che deve mantenere un buon tono muscolare per poter sostenere le vertebre che la compongono e per guidare con efficacia i movimenti.

8) estensione // respirazione

L’esercizio è composto dalle 3 frasi illustrate. Nella fase1 prendere aria facendo un atto inspiratorio profondo. Nella fase 2 trattenere l’aria ed iniziare un’estensione del busto, del collo e della testa facendo forza sulle braccia e stando attenti a non sollevare il bacino da terra. Nella fase 3 completare l’estensione arrivando al massimo possibile dell’allungamento delle braccia che spingono, senza però staccare il bacino da terra e mantenendo lo sguardo diritto davanti a noi; una volta arrivati all’estensione massima si butta fuori tutta l’aria trattenuta, facendo un’espirazione profonda, lunga e forzata. -6 volte (ognuna completa delle 3 fasi in sequenza). Questo esercizio aiuta a mobilizzare la colonna sui piani articolari antigravitari posteriori, avvalendosi del motore respiratorio diaframmatico e accessorio, estremizzando il movimento dei tessuti molli della catena anteriore.

9) posizione seduta con respirazione di allungamento

La posizione ben descritta dal disegno, serve a creare un allungamento per mezzo della respirazione. Nella fase 1 con la schiena ben eretta e la testa che mantiene un unico allineamento rispetto all’appoggio a terra del bacino, faccio un’ispirazione profonda gonfiando il più possibile il torace e soprattutto la pancia. Nella fase 2 mantenendo la stessa posizione descritta nella fase 1, faccio un’espirazione profonda e prolungata, buttando fuori tutta l’aria che ho, accompagnando contemporaneamente le spalle verso il basso e spingendo la testa verso l’ alto (come se qualcuno ci tirasse per i capelli). Nell’espirazione forzata è importante che i muscoli dell’addome facciano venire la pancia in fuori il più possibile. -10 volte (ognuna completa delle 2 fasi in sequenza). Questo esercizio serve ad allungare la muscolatura delle spalle rispetto alla cervicale, esasperandola con il movimento espiratorio massimale. Permette di svincolare e migliorare il rapporto del cingolo scapolare rispetto al collo e di migliorare il deflusso sanguigno venoso delle braccia.

10) espirazione atipica eccentrica

Esercizi_cervicale_11

Nella fase 1 bisogna fare un atto inspiratorio, cercando di prendere più aria possibile, gonfiano oltre al torace anche la pancia. Nella fase 2 bisogna fare un’espirazione forzata, andando ad eliminare quanta più aria possibile e facendo lo sforzo di sollevare l’addome verso l’alto e contemporaneamente di abbassare il costato verso le caviglie. -10 volte (ognuna completa delle 2 fasi in sequenza). Questo esercizio serve ad allungare il più possibile la muscolatura respiratoria primaria e accessoria, la quale collaborando in maniera diretta e indiretta con la cervicale e con le spalle, può essere una chiave importante per ottimizzare il funzionamento meccanico, neurologico, e fluidico (arterioso, venoso, linfatico), migliorando il benessere complessivo. Questi 10 esercizi, illustrati e descritti, riusciranno a gestire la cervicalgia che ci affligge, sia per quanto riguarda il dolore e sia per il recupero della funzionalità. Non dimenticate che è altrettanto necessario riuscire a riposare su un materasso e un cuscino che ci sostengano, senza deviare l’asse vertebrale; passare 5-6-7-8 ore notturne in posizioni sbagliate, invece di darci beneficio, ci arrecherebbero un peggioramento.Se state vivendo una cervicalgia acuta o cronica, evitate di dormire pancia sotto, in questa maniera non obbligherete la testa e il collo a mantenere una posizione di rotazione per molte ore consecutive. Tutto quello di cui vi ho parlato oggi sicuramente vi aiuterà e vi gioverà nell’affrontare e combattere i vostri dolori cervicali, ma se ciò non dovesse bastare, non esitate a rivolgervi al vostro professionista sanitario di fiducia, il quale farà una corretta diagnosi e vi indicherà il percorso terapeutico migliore (fisioterapia, osteopatia, ausili ortopedici, farmaci etc. etc.) da seguire per risolvere con efficacia il problema che vi affligge.

Medical Fisokine’ Fisioterapia e Riabilitazione

Dott.ssa Lidia Esther Guzman Fisioterapista Chinesiologa specializzata in Posturologia Clinica.
81059 Caianello (CE) Tel.3478199841

MEDICAL FISIOKINE ‘ FISIOTERAPIA E RIABILITAZIONE, CAIANELLO (CE)

I disturbi della colonna cervicale comprendono svariati problemi che sono assai diffusi nella popolazione.

Si tratta di disturbi notevolmente fastidiosi che  possono intaccare fortemente la qualità della vita di una persona.

Colpiscono  prevalentemente la popolazione sopra i 50 anni, ma talvolta è possibile che si manifestino anche in maniera precoce a causa di cattive abitudini posturali, attività lavorative stressanti o traumi alla colonna (per esempio colpo di frusta in un incidente stradale).

Dolori al collo, rigidità dei movimenti, nausea, mal di testa, formicolii alle braccia, vertigini: sono tutti sintomi che possono essere riconducibili a disfunzioni di questo tipo.

A soffrire di tali disturbi  sono soprattutto persone che svolgono attività lavorative in posizione seduta, come chi lavora al computer o a una scrivania, o  gli studenti, i quali passano tante ore con il capo chino sui libri.

Ad influire e aggravare tali condizioni sono lo stress, la stanchezza o stati d’ansia particolari, che si ripercuotono sulla nostra colonna cervicale provocando una maggiore rigidità della muscolatura delle spalle e del collo.

L’artrosi cervicale è una delle conseguenze a lungo termine più diffuse, infatti se sottoposta a tensioni e carichi elevati, le articolazioni tra le nostre vertebre tendono a ‘’consumarsi’’ più precocemente.

Altre conseguenze possono essere le cervico-brachialgie, sindromi dolorose che coinvolgono il collo e le braccia per interessamento dei nervi che si trovano a questo livello.

Un disturbo frequentemente legato a disfunzioni della colonna cervicale è il mal di testa.

Questa particolare forma viene chiamata cefalea miotensiva (o muscolo-tensiva), perché è appunto associata a un aumento della tensione e rigidità dei muscoli del collo e della nuca.

Si manifesta come un dolore, talvolta anche molto forte, paragonabile a una morsa intorno alla testa. Coinvolge il collo, la nuca e spesso risale lungo le tempie, fino alla regione della fronte. Può interessare solo uno o entrambi i lati.

Il dolore si accentua con i movimenti del capo e diminuisce con il riposo.

Le cause non sono ancora ben chiare, ma sono definiti  scatenanti una serie di fattori  quali cattive posture, stress o riduzione delle ore di sonno.

All’insorgere della cefalea possono contribuire anche disturbi della sfera odontoiatrica, come per esempio il bruxismo diurno o notturno (cioè l’abitudine a digrignare i denti) o le malocclusioni (cioè un’errata chiusura delle arcate dentarie).

Sono problematiche molto spiacevoli, ma intervenire è possibile.

È  dimostrato che trattamenti fisioterapici che alleviano la tensione a livello della colonna cervicale migliorano la sintomatologia, riducendo la frequenza degli attacchi.

Si può intervenire attraverso la correzione di atteggiamenti posturali errati, tecniche di rilassamento e tecniche di massaggio per disattivare la muscolatura iperattiva e ridurre la pressione tra le vertebre.

Se sono presenti disturbi della occlusione dentale si interviene con la riabilitazione temporo-mandibolare, attraverso manovre che vanno a diminuire l’attività dei muscoli masticatori e a migliorare il movimento della mandibola.

La correzione dei vari fattori sopraelencati consente di riequilibrare il sistema della colonna cervicale e della masticazione, portando a una risoluzione della sintomatologia.

Dolore Cervicale

Il dolore cervicale è un disturbo molto comune, che può essere causato da sintomi di diversa natura.
Questi dolori possono infatti interessare le strutture nervose, ossee, vascolari, muscolari o ligamentose del tratto cervicale della colonna vertebrale.

Tra le cause del dolore cervicale ci  possono essere:

  • colpi di freddo (torcicollo)
  • sbalzi di temperatura e aria condizionata
  • posture sbagliate assunte nel corso della giornata
  • sovraccarichi eccessivi e ripetuti sui muscoli del collo
  • traumi pregressi (colpi di frusta)
  • osteoartrite delle vertebre cervicali (spondilosi)
  • degenerazione di uno o più dischi intervertebrali
  • stress (spesso molte persone scaricano le tensioni della giornata assumendo posizioni rigide e contratte; queste agiscono sui muscoli del collo e della spalla irrigidendoli)
  • mancanza di attività fisica
  • eccesso di alcuni tipi di attività fisica
  • cattivo riposo notturno: uso di materassi e cuscini non adatti

Per capire quindi quale sia la causa del dolore è  dunque fondamentale effettuare una diagnosi: esami come i raggi X o la TAC sono in grado di evidenziare i problemi alla base del dolore cervicale.

Nella maggior parte dei casi, la cervicalgia è provocata dalla semplice contrattura della muscolatura del collo e delle spalle. In alcuni casi rari, il problema è di natura ossea e cartilaginea, soprattutto nei giovani.

Una delle soluzioni per migliorare e risolvere il problema dei cervicali è quello di effettuare un programma mirato di esercizi posturali , eseguiti con costanza. Gli esercizi avranno lo scopo di mobilizzare le vertebre cervicali e di allentare le tensioni accumulate durante la giornata. Una regola fondamentale è quella di non fare manovre brusche, che risulterebbero inefficaci e dannose. Queste esercitazioni vanno praticate regolarmente, possibilmente tutti i giorni ed inizialmente sotto la supervisione di personale qualificato.
Nei prossimi giorni vi mostreremo alcuni esercizi da effettuare. Potete eseguire questi semplici movimenti dove e quando volete, in palestra, in ufficio, in spiaggia, sotto la doccia o prima di dormire.

Per info e prenotazioni: 

Contattateci al 3478199841

Hai dolori infernali e insopportabili e tensioni al collo, alle spalle, agli arti superiori e alla colonna vertebrale?
Hai provato di tutto, oli essenziali, infusi e impacchi, per cercare di alleviare la cervicale, ma hai ottenuto solo scarsi risultati?
Tranquillo, non sei condannato a soffrire per sempre!

Esiste un rimedio per curare i dolori cervicali allo stato cronico e acuto: la fisioterapia. Compito del fisioterapista, infatti, è indagare lo stile di vita del proprio paziente, andando a modificare la postura durante il lavoro, o durante la giornata, ed eventualmente modificare la postura generale con della rieducazione posturale.

Solitamente, è mediante la ginnastica posturale che il fisioterapista interviene per curare i dolori alla cervicale. Infatti quest’ultima viene eseguita con lo scopo di correggere e ottenere una postura corretta. È una ginnastica perfetta per chi tende a soffrire di dolori alla schiena, alle spalle e al collo. Chi soffre abitualmente di dolore alla cervicale potrà trarre solo grande beneficio da questi esercizi base di ginnastica posturale. Non si tratta di movimenti faticosi, anzi; tale ginnastica è composta da esercizi “dolci” e piuttosto delicati per le articolazioni e i muscoli. Attraverso gli esercizi di ginnastica post

urale si rinforzano, si allungano e si rilassano i muscoli donando loro, pian piano, maggiore elasticità.

La Dott.ssa Lidia Esther Guzman offre, a tutti coloro che soffrono di terribili dolori al collo e alla schiena, tra i tanti servizi che detiene, anche quello di fisioterapia e messaggi, che ha come obiettivo di aiutare i pazienti afflitti da dolori cervicali di trovare sollievo e benessere.

Il nostro servizio si avvale solo di esperti e competenti professionisti, che adoperano con specifiche tecniche di esercizio terapeutico e approcci manipolativi sul sistema locomotore, al fine di curare i disordini della funzione motoria. Tramite i loro trattamenti i pazienti migliorano la funzione motoria, riacquistano autonomia e, di conseguenza, aumentano la loro qualità della vita.

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Il servizio è dedicato a migliorare e salvaguardare soprattutto la mobilità di anziani, disabili e traumatizzati. Fisioterapisti e massaggiatori qualificati sono in grado di intervenire a domicilio su numerose patologie muscolari, ortopediche e neuromotorie, per il mantenimento e il recupero del movimento e della funzione compromessi da trauma, malattia, fattori ambientali ed età.

Sono molteplici le attività che il nostro servizio offre, ed esse variano e si diversificano a seconda dei diversi bisogni e necessità dei pazienti:

  • Elettroterapia
  • Massaggio fisioterapico
  • Fisiokinesiterapia
  • Servizi di riabilitazione fisica (neuromotoria, ortopedica, post chirurgica)
  • Riabilitazione del controllo motorio
  • Mobilizzazione passiva e mobilizzazione attiva
  • Ginnastica respiratoria

È possibile prenotare il servizio telefonicamente, inviando un’email nella sezione contatti del nostro sito.

Per maggiori informazioni :  non esitate a chiamare Dott.ssa Lidia Esther Guzman , telefono e whats app 3478199841

La fisiokinesiterapia (FKT) è la pratica fisioterapica che si occupa della riabilitazione motoria del paziente.

Attraverso l’intervento manuale diretto di un professionista del settore e attraverso il movimento permette di curare, acquisire e recuperare la funzionalità di arti, articolazioni e muscoli, venuta a mancare per eventi congeniti o acquisiti.

Qualunque paziente abbia bisogno di un trattamento di questo tipo ha un solo desiderio, tornare alla stessa qualità di vita che aveva prima di un evento traumatico e la FKT è spesso la risposta migliore per realizzare questo bisogno. Non esistono protocolli standardizzati basati sulla FKT, bensì esistono obiettivi.

Kinesi” significa movimento, e proprio i meccanismi di questo movimento permettono la stimolazione del sistema nervoso e muscolare, mirando a raggiungere la riabilitazione della parte interessata per ripristinare la forza e l’elasticità articolare e muscolare.

Ogni parte del nostro corpo lavora in sincrono e in armonia, ma quando si altera l’equilibrio a causa di patologie o incidenti allora si verificano blocchi e dolore che non permettono più una funzionalità adeguata dell’organismo e portano al malessere psico-fisico.

Il lavoro del team al completo (coordinatore, fisioterapista, fisiatra) sarà indispensabile per comprendere quali possono essere gli obiettivi realizzabili in base ad un eventuale trauma, all’età e alla disponibilità di tempo del paziente.

Applicazioni e controindicazioni

La fisiokinesiterapia (FKT) può essere approcciata in tre modi:

  1. passiva, (solitamente applicata nella fase iniziale di un protocollo riabilitativo) sono esercizi e mobilizzazioni articolari effettuate da un fisioterapista senza il reclutamento muscolare del paziente;
  2. attiva, si avvale invece della sua partecipazione diretta;
  3. attiva assistita, fonde i due approcci permettendo al terapista di lavorare sinergicamente al paziente, quest’ultima, solitamente, viene eseguita quando non è presente una totale autonomia nei movimenti, ma per il pz è arrivato il momento di iniziare a muoversi da solo.

Le applicazioni sono molteplici, oltre ad intervenire sui disturbi muscolo scheletrici, praticamente qualunque evento traumatico può essere approcciato con la FKT, sia esso ortopedico, come una cervicalgia, una frattura o una lombalgia, piuttosto che neurologico, come gli esiti di un Ictus o una paralisi cerebrale.

La ftk viene utilizzata in caso di malattie, dolore acuto e cronico, traumi di varia natura come:

  • fratture,
  • lussazioni,
  • distorsioni,
  • coxalgie,
  • tendiniti,
  • cervicalgie,
  • lombalgie,
  • periartriti,
  • colpi di frusta.

Migliora le funzionalità dell’apparato respiratorio, circolatorio e del metabolismo. È utile per le tensioni muscolari e come dimostrano alcuni studi, anche in gravidanza durante il periodo preparatorio al parto.

Nella FKT NON esistono controindicazioni, esistono solo esercizi adeguati e non adeguati.
Bisogna sempre prestare attenzione alle gravidanze, agli stati infettivi ed infiammatori acuti, all’evenuale presenza di sindromi tumorali, alle malattie degenerative del muscolo e anche a stati psicotici. Portare a termine un’anamnesi remota dettagliata di un pz, fare le domande giuste ed eseguire test standardizzati in fase di valutazione, ci permette a priori di sapere cosa possiamo e cosa non possiamo fare.

Gli esercizi di FKT hanno l’obiettivo di rafforzare la muscolatura.

La conseguenza diretta di un buon trattamento riabilitativo di rinforzo, è naturalmente la fatica. E’ molto importante individuare la corretta cadenza delle sedute fisioterapiche in base all’età del pz, alla qualità della sua vita e alla confidenza con altre attività sportive. In massima parte in una settimana vengono suggerite due o tre sedute, tuttavia se il pz è molto giovane e/o deve recuperare un determinato gesto atletico perduto col trauma, è possibile effettuare anche una seduta al giorno.

Nella maggior parte delle patologie che coinvolgono la muscolatura incorriamo nelle contratture o squilibri muscolari.
Associare all’interno della seduta riabilitativa di FKT, esercizi di stretching e manipolazioni deconratturanti, accorcerà di gran lunga i tempi di raggiungimento del risultato. Far lavorare un pz con una catena muscolare bloccata è controproducente anche all’interno della seduta stessa, in quanto renderà difficile per lui l’esecuzione delle richieste, con il rischio di incappare in episodi depressivi.

Programmi e protocolli riabilitativi

Normalmente un ciclo di FKT varia in base a molti fattori, tuttavia la cosa importante da tenere a mente è consolidare il risultato. Troppo spesso un Pz ha fretta di concludere le sedute, sia per questioni di tempo, che economiche, tanto è vero che appena si sente meglio tende a voler chiudere la pianificazione riabilitativa prima del previsto. Ciò che un fiosioterapista deve far capire è che “star meglio” significa che il protocollo procede nella direzione giusta, non che è ora di terminare gli incontri, in quanto non si è ancora consolidato il risultato, in questo caso è altrettanto importante l’intervento del fisiatra di riferimento.

Non è sempre facile programmare un protocollo riabilitativo. Ogni paziente porta con se, oltre al trauma, anche tutto il bagaglio delle esperienze di una vita che influiscono sul problema principale, sul dolore e sull’atteggiamento verso la riabilitazione stessa.
Un Paziente svogliato o depresso eseguirà la FKT in maniera meno efficace rispetto alla richiesta, e più difficilmente si renderà conto dei progressi raggiunti, quindi il compito più importante del fisioterapista non è spiegare un esercizio, ma spronare il pz indolente affinchè possa trarre massimo vantaggio dal trattamento.

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